Da quando è iniziata l’emergenza Covid-19 ho volutamente evitato ogni post a riguardo, non pensavo che il mio pensiero potesse essere utile, e quando non sei utile è meglio tacere.

Questa volta ho qualcosa da dire… ho qualcosa da raccontare, qualcosa che come tutti mai avrei pensato di “vedere così da vicino”, scrivere mi ha sempre aiutato a tirare fori da me ansie e paure e il Covid-19 spaventa, e non poco.

 

Io e il Covid-19 ci siamo incrociati così…

E’ domenica mattina, il 5 aprile 2020 (la sesta domenica in quarantena) non una domenica qualsiasi, ma la domenica delle Palme.

Sono le 7 di mattina, sogno nel pieno del sonno, sono una dormigliona e quando siamo tutti a casa ne approfitto; sento Sara che mi accarezza il viso per svegliarmi e mi sussurra che ha mal di pancia e le viene da vomitare… mugugno e cerco di alzarmi, così le dico “vai in bagno amore, adesso arrivo”, mi alzo e vado da lei.
Sto meglio mamma, forse dovevo solo digerire adesso torno a letto

Ok” ri-mugugno mentre mi butto nuovamente nel letto.
Non faccio in tempo ad addormentarmi che torna e mi chiede la borsa dell’acqua calda.

Te la preparo, tu vai in bagno così se non ti senti bene sei già lì

L’acqua inizia a scaldarsi nel pentolino ma non finisco, lei inizia a vomitare; sono tranquilla, ha sovente episodi così, il suo punto più delicato è proprio lo stomaco per cui mi limito a starle vicina, ad aiutarla come posso.

Finisce presto la fase acuta e iniziano i conati, quelli che la sfiancano, ognuno si porta via un po’ del colorito lasciandola sempre più bianca e stanca.

Intervalla i conati con diarrea, ha i sintomi del virus intestinale ma qualcosa non mi torna, l’istinto di mamma è in allerta.

Mi accorgo che è più sfinita del solito, cerco di farle bere del Biochetasi, ma lei si lamenta, dice di avere un fortissimo mal di pancia.
Ricominciano i conati, vomita pian piano sempre più scuro (scopro poi che si tratta di vomito caffeano), e tra una pausa e l’altra sembra svenire… inizio a preoccuparmi, dico a mio marito di inviare una foto a mio cognato che è medico per capire cosa fare.

Sono giorni che dico ai bambini di non farsi male perché non si può andare al pronto soccorso e ora mi trovavo di fronte a questa possibilità, “bene ma non benissimo” continuavo a ripetere in uno stato di totale agitazione.

Spero in un lieve miglioramento ma nulla, non c’è alcun segno positivo, anzi.

Decidiamo di non aspettare oltre e dico a mio marito di chiamare il 112; parla con un’infermiera che decide di inviare un’autoambulanza a casa.
Il tempo di preparare due cambi e la mia borsa che suonano alla porta, apro e il medico prima di entrare ci chiede se abbiamo avuto sintomi da Covid-19 o se siamo stati in contatto con qualcuno poi risultato positivo, solo dopo le nostre risposte negative varcherà la porta per andare a vedere Sara.
Al termine del breve controllo ci portano in ospedale, la bambina deve essere visitata e come minimo reidratata.

Il tragitto in autoambulanza dura 10 minuti, poi passiamo il controllo delle tende allestite all’esterno del cancello d’ingresso del pronto soccorso, un primo triage, dove hanno rimisurato la temperatura sia a me che a Sara, ci fermiamo all’ingresso ma non ci fanno uscire ancora.

Signora non scenda, dobbiamo stare qui isolati finché non glielo dico io, l’autoambulanza davanti sta scaricando un Covid conclamato” e dobbiamo rispettare le procedure per evitare il contagio

Ah si si, ci mancherebbe, e chi esce più di qui!
Non vedo nulla da dietro ma sento l’autista che spiega alla volontaria di fianco come si svolge la procedura d’ingresso di un caso infetto (così lo definiscono), le racconta come si devono vestire, come devono trasportare il paziente in reparto, come devono togliersi le protezioni e come poi verrà isolato e igienizzato  il mezzo di trasporto.

Mi sembra tutto surreale, avevo visto certe scene solo nei film, e adesso è tutto vero!
Mi concentro su Sara, le sorrido, oddio scema cosa sorridi che hai la mascherina fino agli occhi; è tutto difficile, ma non posso cedere lei ha bisogno di vedermi tranquilla e rassicurante e allora “sorrido più forte” ricordo di aver letto che il sorriso si vede anche dagli occhi oltre la mascherina, e così faccio, le sorrido forte.

Finalmente dopo 20 minuti possiamo scendere, il medico dice che ci accompagna fino in reparto e chiede se riesco a portarla in braccio dentro “sa è meglio se io non prendo la bambina e sarebbe meglio anche se non usassimo la sedia a rotelle”…

Ovviamente non è un consiglio, rispondo di sì e mi carico Sara, lui ci fa strada, prima tappa al triage interno dove sovrappensiero lo seguo

NO NO Signora dovete stare fuori

Mi scusi, ma ancora non mi sono abituata a tutti questi accorgimenti…

giustificarsi per atteggiamenti che prima erano normali fa riflettere…sta cambiando tutto.

Torniamo nel corridoio e andiamo verso gli ascensori che ci porteranno in pediatria, l’ospedale sembra deserto, in giro non si vede né si sente nessuno, eppure prima dell’emergenza in una domenica alle 10.00 di mattina avrei incontrato il mondo, mi viene da pensare, poi le file di sedie vuote con i cartelli “NON SEDERSI” anche quello mi fa riflettere, che strano senso di inquietudine e disorientamento si prova.

A destra poi a sinistra, segua le linee blu, entriamo in ascensore e saliamo al secondo piano, riprendiamo a camminare nei corridoi vuoti, passiamo davanti ad una porta con un cartello con scritto “Reparto Covid-19” stringo Sara ancora più forte, guardo in su e lascio una preghiera per chi è lì dentro.

POTREBBE INTERESSARTI  Ricerche di mercato... ma solo per la nicchia perfetta!

Eccoci, alla fine c’è la pediatria, il medico suona e mi lascia insieme alle infermiere del reparto, dopo aver spiegato il motivo per cui siamo lì.

Ci fanno accomodare in sala d’attesa, non c’è nessuno, tutto silenzio, Sara vomita di nuovo, chiamo per avere un pezzo di carta per le mani e mi portano litri di gel igienizzante, poi passiamo in visita.

La pesano, le controllano la pancia, auscultano cuore e polmoni, guardano orecchie e gola, sembra tutto regolare compatibilmente con il suo stato di vomito continuo. Le mettono subito flebo con soluzioni saline per idratarla e poi passeranno ai protettori gastrici, nel mentre mi spiegano che faranno dei prelievi ematici per verificare il motivo del vomito caffeano e che a seguito dei risultati valuteranno cosa fare, nel mentre ci assegnano una camera.

Siamo fortunate, ci danno una camera singola con bagno interno e TV, Sara dovrà stare a digiuno per almeno sei ore, e poi in base a come sta valuteranno se darle la cena o meno.

La flebo inizia a fare effetto, pian piano il pallore lascia posto ad un leggero colorito roseo, è più vigile e a volte anche chiacchierona, questa è la felicità per una mamma penso tra me e me.

Passano le ore e io aspetto i risultati con impazienza perché come sempre se si legge su google può essere tutto o niente.

Nell’attesa vado a pranzare al bar perché i distributori automatici sono chiusi, panino e caffè con guanti e mascherina a distanza di sicurezza, siamo pochi, ci sono le strisce per rispettare le distanze, cartelli che invitano a non consumare nulla al bancone, e poi ci sono gli sguardi sotto le mascherine.

Sono infermieri con sguardi stanchi… sono parenti con sguardi timorosi… sono operatori (baristi, addetti alle pulizie) con sguardi accoglienti di chi vede lo smarrimento ogni giorno.
Tutti gli sguardi hanno in comune la voglia di non sentirsi soli, si percepiscono i sorrisi, e le chiacchiere (che prima per le interminabili code erano impossibili) alleviano questo senso di stordimento, non ho mai sentito dire così tante volte grazie e buona giornata come in questo periodo.

Ciao mamma, cosa hai mangiato?

Un panino prosciutto e formaggio, e un caffè, tu come stai?

Meglio

O che bello, sono felicissima, non c’è niente di più bello di sentirti dire che stai bene

Davvero?? MMM non ci credo

Si, amore per una mamma è così! Per una mamma sapere che tutti stanno bene è la cosa più bella

Per me no, per me la cosa più bella è avere un segreto!

La discussione finisce così… interrotta a metà dalla dottoressa che entra in camera per leggerci i risultati degli esami del sangue.

Signora, gli esami direi che vanno tutti bene, per cui stia tranquilla, abbiamo escluso le patologie che potevano dare questo problema, ma siccome la diarrea è uno dei sintomi del Covid-19 e Sara ne ha avuta, dopo un consulto con il primario abbiamo deciso di fare richiesta per il tampone, attendiamo che ci diano esito ok e procediamo a farlo

Ah, beh, si, è giusto, non sapevo che la diarrea fosse un sintomo, mi preoccupavo tanto per febbre e tosse, e poi sono abbastanza attenta dato che sono in follow-up oncologico, non siamo usciti, abbiamo rispettato le distanze, usiamo mascherine, lavoriamo da casa, ogni 10 giorni andiamo a turno o io o mio marito a fare la spesa e poi basta. Ma adesso che ci penso, ho avuto lo stesso sintomo una decina di giorni fa, ma non lo avevo assolutamente associato al Covid.”

MMM e come mai non me lo ha detto subito?

EH non sapendo che la diarrea fosse un sintomo Covid non credevo fosse una segnalazione rilevante

Ok, si sì è proprio un sintomo abbiamo riscontrato e quindi anche se nel caso di Sara è molto probabilmente concausa del vomito, non possiamo escludere nulla e il tampone ci sembra d’obbligo

Ok ha ragione, le posso chiedere se ci sono dei bambini ricoverati con sintomi?

Qui no, tutti i tamponi che abbiamo fatto sono risultati tutti negativi, c’è qualche caso al Regina Margherita, ma nessuno in terapia intensiva, i bambini hanno un decorso più veloce e meno grave degli adulti

Ok

Appena abbiamo la risposte torniamo ad avvisarla, al momento non esca da qui

Va bene grazie

Ero come imbambolata, panico, paura, ansia, mille pensieri hanno iniziato ad attraversarmi la mente: eppure sono sempre stata attenta, ma attenti (ormai dovresti saperlo Ele), non è mai abbastanza a volte le cose capitano senza troppe negligenze da parte nostra.

E se fosse positivo? Cosa succede, come faccio a casa con Teo e mio marito? E io… lo reggerò bene questo virus?

L’incertezza, il non sapere cosa accadrà queste sono le cose che mi fanno più paura, e in questa emergenza sanitaria di certezze non ne abbiamo ancora, ad ogni mossa tutto trema sotto i nostri piedi.

 

Il racconto continua, mi piacerebbe condividere con te alcune di queste emozioni se le hai vissute o anche solo immaginate, raccontiamoci, ti aspetto nei commenti.

Commenti

commenta